di Laura Gatti – Roberta Gilardi
Le nuove direttive per il reporting non finanziario rappresentano una occasione per innovare anche per le PMI. La consapevolezza che l’adozione di una roadmap fondata sui criteri ESG possa rappresentare un valore importante per l’impresa è ormai largamente diffusa anche se per lungo tempo l’impegno sociale, ambientale e le buone pratiche di governance di una organizzazione hanno rappresentato una scelta libera e indipendente così come la loro rappresentazione e relativa comunicazione
I risultati raggiunti venivano rappresentati in base al «punto di vista» di ciascuna Impresa e non potevano essere “misurate” o “paragonate” a quelle di altre aziende o essere oggetto di valutazioni “oggettive”.
Un primo passo in avanti è stato introdotto dalla comunità europea con il regolamento introdotto a partire dal 2014 sulla rendicontazione non finanziaria delle imprese (Non Financial Reporting Directive (NFRD) Direttiva UE 2014/95/EU).
Criteri ESG e valore d’impresa
L’impatto finanziario di una governance fondata su criteri ESG è stato definitivamente ‘sdoganato’ nel 2020 quando il maggior fondo di investimento mondiale BlackRock si è impegnata a mettere la sostenibilità al centro del processo di investimento dichiarando la convinzione che l’integrazione delle informazioni relative alla sostenibilità nel processo di investimento potesse aiutare i loro gestori a meglio controllare il rischio e prendere decisioni di investimento più informate.
Viene quindi assodato che intraprendere un percorso inteso a migliorare l’impatto Ambientale (o SG) significa gestire un progetto di TRANSIZIONE:
- Si passa da un modello «consuma materia, energia, tempo e competenze a livello di risorse umane» a un modello in cui si «gestisce una relazione responsabile con la materia, con l’energia, con i valori che arrivano dalle persone»
In questo passaggio in cui si aggiungono «nuovi obiettivi» a quelli del «business» vanno considerati dei fattori di «rischio» (transition risk) legati alla trasformazione energetica, digitale, economica etc. dell’Impresa e la capacità di analizzarli e governarli viene interpretata anche come un valore per gli azionisti oltre che per tutti gli altri stakeholder.
Una transizione che riguarda sempre di più anche le PMI.
Ci sono due ragioni molto semplici per cui anche le entità medio piccole non possono ignorare questa transizione e gli obblighi e opportunità che ne derivano.
La prima è insita nella logica ESG e dimostrata da molti casi studio.
L’azienda impegnata deve poter mostrare di mappare e gestire le responsabilità ESG a monte ed a valle dell’intera filiera in cui è inserita. Caso storico l’incidente della Nike di alcuni decenni relativo all’utilizzo di manodopera infantile da parte di subfornitori a monte. Inoltre, la maggior parte delle analisi di impatto ambientale (Carbon Footprint) in senso stretto evidenziano il contributo pesante del cosiddetto ‘Scope 3’ cioè, per esempio, della catena distributiva a valle.
Da questa responsabilità ‘totale’ dei grandi gruppi che fino ad oggi sono stati maggiormente coinvolti dalla NRFD deriva che, nella pratica, tutto l’indotto dovrebbe poter reggere le stesse logiche e per questo sempre più spesso le grandi aziende coinvolgono i loro ecosistemi nelle verifiche ESG per evitare effetti ‘boomerang’ di tipo reputazionale ed economico.
Un secondo elemento che allarga l’applicazione di questi criteri sarà il passaggio alla nuova regolamentazione europea sull’argomento – CSRD- che entro il 2030 coinvolgerà qualsiasi azienda con più di 250 addetti e/o 400 mil. di fatturato e tutte le PMI quotate di qualsiasi dimensione, per un totale di 49.000 aziende rappresentanti il 75% del fatturato EU(1). Le regole si faranno più stringenti e, soprattutto, la struttura ed i KPI richiesti
Le nuove normative come attivatore di innovazione e vantaggio competitivo.
Sia che l’impresa venga direttamente investita dalla necessità di ottemperare alla nuova regolamentazione oppure che debba ripensare i suoi processi su richiesta di committenti o investitori (ormai molti fondi intraprendono ‘diligence’ ESG, oltre a quelle finanziarie) questo sforzo può essere orientato alla creazione di valore diretto per il business attraverso attività di supporto alla innovazione con metodologie mutuate dalla incubazione delle start-up.
L’approccio di G-Gravity crea un mindset capace di trasformare il vincolo regolatorio in un volano di innovazione.
G-Gravity supporta ed integra il gruppo interno che si occupa di condurre le operazioni di mappatura degli stakeholder, dei loro valori/priorità e delle materialità collegate tipico del processo ESG classico per produrre idee potenzialmente il grado di ampliare l’offerta, alleggerire i processi o individuare nuovi modelli di business e nuovi target. Lo sforzo significativo necessario a esplorare tutti gli aspetti ESG e definirne i rischi e i piani di gestione viene così orientato anche alla creazione di nuove opportunità a breve termine per l’impresa.
Laura Gatti – Roberta Gilardi